29 GIUGNO 2020
Il nuovo rapporto AIDA di ASGI
Pubblicato il 19 giugno, e aggiornato con dati disponibili fino ai primi mesi dell’anno, il rapporto del progetto AIDA (Asylum Information Database) sull’Italia, elaborato da ASGI – Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e da Ecre (European Council on Refugees and Exiles) e finanziato dall’European Programme for Integration and Migration (EPIM), è uno strumento necessario per un quadro sul diritto d’asilo in Italia.
Nelle 165 pagine del rapporto, dati ed informazioni accurate raccontano come in Italia continuino i tentativi di restrizione di un diritto fondamentale che – già in difficoltà – è stato ulteriormente compresso dall’emergenza sanitaria.
La politica dei porti chiusi, le procedure accelerate di accesso all’asilo, l’accoglienza ridotta o negata, la progressiva chiusura dei piccoli centri di accoglienza e un consistente coinvolgimento nel sistema di accoglienza di grandi organizzazioni a scopo di lucro, passando per la detenzione di fatto dei richiedenti, raccontano di diritti mai garantiti dopo il riconoscimento della protezione internazionale. E raccontano un paese in cui i diritti di difesa e protezione dei richiedenti asilo sono sempre più compromessi.
Misure correlate a Covid-19
Rispetto all’emergenza sanitaria, in Italia sono state adottate misure che incidono sulle procedure di asilo e sulle disposizioni in materia di accoglienza. Il 7 aprile 2020, come racconta il rapporto, l’Italia ha emesso un decreto ministeriale in cui ha dichiarato i suoi porti non sicuri. Le persone che arrivavano in Italia erano soggette all’isolamento fiduciario per 14 giorni. Solo dopo che è trascorso questo periodo, le persone possono accedere alle strutture di accoglienza per i richiedenti asilo. Anche se le attività di registrazione non sono state sospese, la chiusura delle Questure ha causato difficoltà, ritardi e in molti casi l’impossibilità di accedere alla procedura di asilo. Alcuni tribunali civili, come quello di Roma, sono intervenuti per ordinare alle Questure di registrare le domande di asilo.
L’accoglienza è stata prorogata fino alla “fine delle misure in atto per l’emergenza sanitaria”, anche per coloro che non ne avevano più diritto. Malgrado i richiedenti asilo possano legalmente essere ospitati nelle strutture Sprar/Siproimi, potranno di fatto beneficiare solo dei servizi forniti nei centri governativi e CAS, a causa della mancanza di posti.
Accesso al territorio e procedura di asilo
Il 2019 è stato segnato dalla politica dei porti chiusi, dai respingimenti indiretti in Libia e da respingimenti privatizzati. Almeno 8.406 persone sono state rintracciate dalla guardia costiera libica e riportate in Libia. Nonostante l’opposizione di numerose associazioni tra cui l’ASGI e l’appello del commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, il protocollo d’intesa tra Italia e Libia, giudicato non conforme alla Costituzione italiana e alle leggi internazionali da un tribunale penale, è stato rinnovato nel febbraio 2020.
Nel 2019 il Tribunale civile di Roma ha consentito l’accesso alla procedura di asilo dall’estero ad alcuni eritrei che erano stati illegalmente rimpatriati in Libia nel 2009. In altri due casi, ha ordinato di rilasciare visti umanitari per consentire l’ingresso di minori, uno dei quali era in Libia.
A seguito di un decreto ministeriale è stata introdotta una procedura di frontiera, presente dallo scorso anno nel quadro giuridico e ora applicabile nelle zone di confine e nelle zone di transito. Questo decreto identifica le aree di confine e di transito in cui si applica la procedura accelerata per l’esame delle domande di asilo quando una persona elude o tenta di eludere i controlli alle frontiere. Le prime applicazioni del decreto hanno già rivelato la controversia del concetto di “evasione dei controlli alle frontiere”. È stato inoltre adottato un elenco di 13 paesi di origine sicuri.
È inoltre documentata che tra le domande di asilo esaminate nell’ambito di procedure accelerate sussiste un uso sproporzionato e scorretto di decisioni manifestamente infondate, il che compromette i diritti di difesa e protezione dei richiedenti asilo.
Condizioni di accoglienza
La progressiva chiusura dei piccoli centri di accoglienza e il consistente coinvolgimento nel sistema di accoglienza di grandi organizzazioni a scopo di lucro hanno impattato notevolmente sui diritti.
Le prefetture sono state autorizzate ad adeguare le basi d’asta per i costi di locazione e sorveglianza, ma senza un miglioramento della scarsa qualità dei servizi offerti ai richiedenti asilo nei centri di accoglienza. Nonostante il calo degli arrivi, la maggior parte delle strutture di accoglienza sono ancora centri di accoglienza d’emergenza.
Alla fine del 2019, il numero di richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale nel sistema di accoglienza era di 67.036, distribuiti tra 10 centri di accoglienza e hotspot governativi e 6.004 in CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). Rispetto al 2018, il numero di CAS è diminuito del 33% ma le modifiche imposte dal capitolato d’oneri hanno portato alla chiusura di molti CAS di piccole dimensioni e alla distribuzione di migranti in grandi CAS con pochi, se non nessun servizio. Con decreto del 18 novembre 2019, sono state emesse nuove linee guida per il sistema Sprar / Siproimi, tra cui nuovi servizi per i minori non accompagnati.
Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 113/2018, in particolare il divieto della registrazione anagrafica, hanno reso estremamente difficile l’accesso ai servizi territoriali per i richiedenti asilo. Tuttavia, molti tribunali hanno ritenuto illegale l’esclusione dei richiedenti asilo dalla registrazione della residenza.
Detenzione di richiedenti asilo
Le prefetture non hanno istituito strutture di detenzione dedicate a scopo identificativo. Di fatto, la detenzione dei richiedenti asilo ha continuato a essere segnalata negli hotspot.
Accoglienza dei beneficiari di protezione internazionale
Sono state emesse le nuove linee guida relative per l’accoglienza dei beneficiari della protezione internazionale nel sistema Siproimi. Il decreto ha introdotto delle condizioni molto stringenti per poter continuare il percorso di accoglienza oltre i primi sei mesi. Il numero di posti a Siproimi è diminuito a 31.284 rispetto ai 35.650 posti esistenti a gennaio 2019.
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di Christian Elia