In cerca di fortuna

22 DICEMBRE 2020

L’emigrazione italiana dall’800 a oggi sulla stampa di tutto il mondo

“Che gl’italiani siano stati, e siano ancora, un popolo di emigranti è un fatto che nessuno pare più voler nascondere. E che siano spesso stati accolti da razzismo e ostilità è altrettanto assodato. Questo volume, però, non è un repertorio delle discriminazioni subite. Perché se è vero che la sua lettura conferma che le grandi migrazioni portano con sé tensioni e conflitti, è altrettanto evidente che – se osservato con attenzione – lo spettro delle opinioni e dei punti di vista sul fenomeno migratorio è sempre stato molto ampio. Ci sono articoli che grondano disprezzo – e che ovviamente vanno letti con le lenti del loro tempo – ma anche analisi e commenti che cercano di capire e si sforzano di proporre soluzioni.”

Con queste parole, Alessandro Pipino, curatore del volume In cerca di fortuna – L’emigrazione italiana dall’800 a oggi sulla stampa di tutto il mondo, pubblicato con la rivista settimanale italiana Internazionale, presenta una galleria di articoli e reportages che dalla seconda metà dell’800 fino agli anni Duemila racconta l’emigrazione italiana nel mondo e lo fa nella tradizione del magazine: traducendo articoli di giornali stranieri.

Una selezione di commenti, reportage, analisi e cronache della stampa dei principali paesi di destinazione – Stati Uniti, Argentina, Brasile, Australia, Canada, Venezuela, Francia, Svizzera, Germania, Belgio e Regno Unito – per raccontare un fenomeno che nell’arco di centocinquant’anni ha riguardato circa venti milioni di persone. E che non si è ancora interrotto.

Si parte da un molo del porto di Genova, dove lo scrittore Edmondo De Amicis racconta i suoi connazionali in partenza verso il sogno americano, nel 1889, e si finisce con la cosiddetta ‘fuga dei cervelli’, che è la stessa emigrazione per quanto riguarda lo scopo, migliorare la propria vita, ma è narrata diversamente.

Proprio la ‘narrazione’ è il protagonista di questo volume, che racconta i migranti italiani dopo la Seconda Guerra mondiale, i quali – per gli accordi stipulati dal governo italiano, che doveva ricostruire un paese distrutto – venivano scambiati: esseri umani contro quote di carbone. La tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove morirono 262 minatori, in gran parte italiani, fino al linciaggio di italiani innocenti in Francia e negli Stati Uniti, accusati di crimini che non avevano commesso, Con un portfolio sugli italoamericani di New York e una graphic novel dedicata al massacro di Aigues-Mortes, in Francia, del 1893.

Sono racconti carichi di stereotipi e, a tratti, di odio. Sono parole che, anche se lette dopo molti anni, feriscono, soprattutto se legate alle memorie familiari di migrazioni che in Italia tutti hanno.

Quello che lascia sgomenti è come, per un processo che non è finito, ma che continua ancora oggi, gli italiani siano allo stesso tempo un popolo che porta ancora il ricordo delle ferite delle sue migrazioni, ma che sembra insensibile alle migrazioni che riguardano l’Italia.

In realtà, sono proprio le narrazioni a fare la differenza. Perché leggendo oggi quello che si scriveva in passato – ma anche negli anni ’60 e ’70 – si coglie come i ‘discorsi d’odio’, in fondo, siano gli stessi.

Gli italiani raccontati negli articoli raccolti nel libro sono quello che sono tutti i migranti, da sempre, nel mondo: accusati di lavorare per paghe inferiori alla media, accusati di essere delinquenti, accusati si essere sporchi e incivili. Perché, da sempre, il ‘diverso’ viene raccontato per generalizzazioni e stereotipi.
In Italia, da anni, ci sono dirigenti politici e giornalisti che si sono prestati a queste generalizzazioni verso i migranti. Questo ha portato la memoria delle emigrazioni italiane a essere dimenticate o rimosse, come tutti i brutti ricordi.

La speranza, leggendo questo libro e vedendo come i migranti italiani vengono raccontati oggi, c’è la speranza che in fondo sia solo questione di tempo: anche i discorsi d’odio, prima o poi, saranno solo un brutto ricordo, ma conservare la memoria è importante, per non ripetere sempre gli stessi errori.

di Christian Elia