21 GENNAIO 2021
Tra divisioni di ieri e di oggi
Ogni anno, in tutta Europa, l’8 novembre è una data da celebrare. La caduta del Muro di Berlino, che per decenni separò città, famiglie e visioni del mondo, nel 1989, crollò sotto la spinta della storia.
Molto tempo è passato da allora, molte cose sono cambiate, alcune cose sono molto peggiorate.
Una di queste è l’idea stessa di quel muro. All’epoca a tutti coloro che speravano che quel muro cadesse veniva riconosciuto un diritto fondamentale: quello alla libertà.
Oggi, dopo molti anni, tante nuove barriere sono nate tra i confini di quell’Europa Orientale che proprio nel 1989 ritornò in uno spazio comune politico, sociale, culturale ed economico.
La barriera ai confini dell’Ungheria è stata tra le prime a sorgere, nel 2015, quando le guerre in Siria, Iraq e Afghanistan avevano portato al numero più alto di domande di asilo ricevute in rapporto alla popolazione: 1770 richieste ogni 100mila abitanti. L’Ungheria iniziò la recinzione dei propri confini con Serbia e Croazia: 289 chilometri di ferro e filo spinato.
Cosa si direbbero, se potessero parlare, il muro di ieri e quello di oggi? Prima del Muro di Berlino, già dopo la Seconda Guerra mondiale, nacque quella Cortina di Ferro che per milioni di persone significò una cicatrice nel cuore di quell’Europa che – anche nelle guerre più sanguinose – non aveva mai conosciuto barriere al movimento.
L’Europa degli anni Trenta era un reticolato di rapporti, viaggi, incontri, ma dopo il 1945 si creò una spaccatura, fisica e ideologica, che teneva diviso quello che era sempre stato attraversato da strade.
Oggi, come allora, sarebbe interessante vedere cosa le barriere vecchie e nuove si racconterebbero.
Parlerebbero del 1956, quando oltre 250mila persone scapparono dall’Ungheria, verso paesi che li accolsero, rispettandone la volontà di una vita diversa. Quella Cortina era un ostacolo, che per quelle persone
O si racconterebbero di quel pic-nic che, all’improvviso, contribuì ad accelerare un processo storico. Il 19 agosto 1989 molte persone si dettero appuntamento al confine tra Ungheria e Austria, in una radura al confine, adagiata accanto alla strada che collega Sankt Margarethen im Burgenland con Sopronkohida, piccolo abitato dall’altra parte della frontiera, a pochi chilometri dalla città di Sopron.
Migliaia di persone si riversarono dai due lati di quella frontiera, fino a quando non restò altro che aprirla. Oggi quella zona è meta di turisti e viaggiatori, oggi ci sono aziende che hanno dipendenti di entrambi i paesi.
Magari la barriera di oggi farebbe molte domande a quelle di ieri, ma la risposta sarebbe probabilmente sempre la stessa: prima o poi le barriere cadono, perché le persone – per i motivi più diversi – si sono sempre spostate e continueranno a farlo, in cerca di una vita migliore.
di Christian Elia