02 OTTOBRE 2021
Perdersi per le strade di Rodi è come fare un viaggio con la macchina del tempo. Da molto tempo, anche se la pandemia mondiale ha cambiato le priorità dei media internazionali, delle isole greche si parla solo quando si raccontano i migranti di oggi, i profughi in fuga dalle guerre, dalla fame e dalla povertà.
Mentre tutto il mondo guardava preoccupato a quanto accadeva in Afghanistan questa estate, molte persone che proprio da quella guerra erano fuggite aspettavano di conoscere la loro sorte nei centri di raccolta e tanti di loro erano arrivati proprio dall’Afghanistan.
Uno dei problemi del nostro modo di raccontare è quello di mettere sempre i fatti al presente, come se i fenomeni non fossero mai esistiti prima.
Le strade di Rodi, l’accoglienza della sua gente, la sua storia raccontano invece di come la posizione della bellissima isola greca ne abbia fatto, da sempre, una terra di passaggio, di incontri e di scontri.
La città vecchia, che l’Unesco tutela come patrimonio dell’umanità, è orgogliosamente racchiusa all’interno di possenti mura, e all’interno contiene una straordinaria fusione di stili architettonici diversi: classico, medievale, ottomano e italiano. Ciascuno stile è un ricordo, un racconto, di precedenti passaggi sull’isola.
Il Quartiere dei Cavalieri, un’area della città vecchia usata come quartier generale dai Cavalieri di San Giovanni, che dominarono Rodi tra il Trecento e il Quattrocento, oppure il Palazzo del Gran Maestro, magnifico palazzo costruito nel Trecento su una precedente fortezza bizantina come sede della massima autorità dell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni. L’interno, danneggiato da un’esplosione nell’Ottocento, venne ricostruito in epoca fascista durante l’occupazione italiana dell’isola.
E poi la Moschea di Solimano il Magnifico, dalle caratteristiche pareti rosa, fu costruita nel Cinquecento per commemorare la vittoria degli ottomani sui Cavalieri. Acropoli di Rodi, il sito dell’antica città ellenica, a due chilometri dalla città vecchia, che conserva i resti di uno stadio del II secolo dC e un teatro che veniva usato per le lezioni della scuola di retorica. Fino al faro di Agios Nikolas, costruito dai francesi, che si trova all’entrata del porto turistico di Mandraki, e alle terme di Kalithea, progettate dall’architetto italiano Pietro Lombardi ed inaugurate nel 1929, un sontuoso complesso spa in stile art deco con un impressionante patio e un’abbondanza di padiglioni, sale, corridoi, colonnati, scale e mosaici, il tutto immerso in uno scenario naturale di straordinaria bellezza.
Queste meraviglie, che tutto il mondo ammira e visita ogni anno, sono memorie di invasioni vere e proprie, che armi in pugno hanno segnato la storia dell’isola, ma hanno anche lasciato oggi un patrimonio straordinario.
E invece si finisce per chiamare invasioni i viaggi della disperazione di migliaia di persone in fuga, che non arrivano armate, anzi, ma con le poche cose che sono riusciti a portar via da casa prima della fuga.
Anche loro avrebbero da dare in forma di cultura, di scambio, di ricchezza intellettuale. Anche a loro andrebbe data la possibilità di imparare e di insegnare, come è sempre avvenuto nella storia di Rodi.