01 FEBBRAIO 2021
Ogni rifugiato, ogni richiedente asilo, in Europa e nel mondo, porta con sé la propria storia. Una storia sempre diversa, una storia sempre dolorosa, come ogni partenza forzata da casa.
L’esilio, oggi come mille anni fa, è una cicatrice. A Costanza, sul Mar Nero, c’è una statua di un grande poeta romano, Publio Ovidio Nasone. Come ha fatto questa statua ad arrivare così lontano da Roma? Ovidio fu esiliato 2000 anni fa dall’imperatore romano Augusto nella città di Tomis, l’attuale Costanta, dove morì senza mai rivedere la sua patria lontana.
Ancora oggi, la sua storia è discussa in relazione al processo di esilio, che nell’antica Roma era chiamato relegatio. Non sono chiare né le ragioni dell’esilio né la sua concreta efficacia giuridica.
Secondo alcune fonti, Ovidio pagò per il tono libertino delle sue poesie, che colpivano il cuore dei principi sociali su cui Augusto voleva costruire il suo governo.
Le poesie di Ovidio parlano liberamente dell’amore, del ruolo della donna nella società, del rapporto tra uomo e donna e della religione. Augusto, nella cui figura il potere politico e quello religioso coincidevano, si sentì minacciato dall’enorme popolarità del poeta, soprattutto tra i giovani della Roma di 2000 anni fa.
A quel punto, messo alle strette, il poeta lasciò Roma e si ritirò sul Mar Nero. Le sue poesie dell’esilio accennano ai motivi della sua partenza, senza mai spiegarli completamente, ma ciò che si percepisce è il dolore e la mancanza per la patria lontana.
Oggi, Constanta ha dedicato una statua a Ovidio, mentre in tutto il mondo la sua arte è immortale. Ma Ovidio, come la sua statua, racconta una storia che è dolorosa oggi come allora: quella degli esuli.
Immaginate quanto sia facile, guardando la statua di Ovidio a Costanta, pensare a tutti coloro che ogni giorno fuggono dalla guerra in Libia, Siria, Afghanistan e altrove.
Quanti di loro sono artisti che, magari in situazioni di violenza dovute a conflitti o a causa della censura di regimi senza libertà, si vedono negata la possibilità di esprimersi liberamente? Quanti di loro, come Ovidio, pagano il prezzo di avere il coraggio di parlare liberamente, anche se questo comporta il pericolo di andare contro il potere?
Ogni volta che una persona in fuga arriva in Europa o altrove, chiedendo protezione, non sappiamo da quale persecuzione sia fuggita, non sappiamo quale peso stia portando. Per questo e per molti altri motivi, bisogna dare a tutti la possibilità di raccontare la propria storia e di essere aiutati.
La statua di Ovidio è un luogo per riflettere, sui confini dell’Europa e sui confini in generale. Le sue parole dolorose sulla condizione dell’esilio, celebrate oggi come quelle di un grande poeta, erano ieri le parole inascoltate di un uomo che non piaceva al potere.
Quella statua ci ricorda che molti lasciano le loro case perché sono costretti, perché non hanno alternative. E che anche quando riescono a salvarsi, conservano quella cicatrice, quella dell’esilio, a cui non va aggiunta quella del rifiuto e dell’odio.
di Christian Elia