11 MAGGIO 2021
Il rapporto 2021 del Centro Astalli
Nel 2020, l’anno della pandemia, dopo un vistoso calo nella prima parte dell’anno, sono stati registrati 34mila arrivi via mare in Italia, un numero in aumento, dopo due anni di diminuzione (23mila nel 2018 e 11mila nel 2019).
Questo il dato più evidente del Rapporto 2021 del Centro Astalli, una delle realtà storiche che si occupano di migrazione da molti anni in Italia.
Secondo i dati raccolti dal rapporto, nel 2020 almeno 80 milioni di persone sono fuggite da violenze, dittature, ingiustizie sociali ed economiche soprattutto da cinque Paesi: Siria, Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar.
Al numero degli arrivi in Italia non corrisponde un aumento delle domande d’asilo: 28mila contro le 43.783 del 2019. “La pandemia per molte persone non è il peggiore dei mali – spiega padre Ripamonti, presidente di Centro Astalli – ma solo uno dei tanti che affliggono la loro vita, come i trafficanti, i centri di detenzione libici o la morte in mare”.
La pandemia, quindi, non ha rallentato i viaggi della disperazione, sul mare o nei Balcani, ma ha reso la condizione dei profughi ancora più difficile: frontiere blindate per i lockdown, percorsi burocratici sempre più ostili, accoglienza e servizi insufficienti sono le pesanti conseguenze della pandemia, che ha fatto emergere le gravi lacune dei servizi pubblici e del sistema sanitario per tutte le persone fragili, migranti compresi.
Il rapporto, inoltre, registra anche una crescita dei servizi di bassa soglia (mensa, docce, pacchi alimentari) nelle 8 strutture in Italia, parte della rete del Jesuit Refugee Center, attiva da 40 anni in 56 paesi. Il Centro Astalli ha collaborato con JRS Europa nel monitoraggio della via balcanica, segnata da violenze sistematiche, certificate dal centro SaMiFo (Salute dei Migranti Forzati).
Il sistema di protezione fatica a rispondere ai bisogni delle persone approdate o già presenti, mentre il blocco degli ingressi causa pandemia (durante il primo picco in 90 Paesi) non ha bloccato i flussi irregolari ma ha accentuato la mancanza di soccorso nel Mediterraneo da parte dei governi, le politiche di ostacolo alle Ong, il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica.
Nel 2020 sono stati oltre 11.000 i migranti intercettati e riportati in Libia in condizioni definite «inaccettabili» dalle Nazioni Unite. Oltre 1.400 i morti accertati di naufragi. Le testimonianze raccolte nel rapporto registrano anche un aumento di vittime di violenze in Libia, di abusi nei Balcani e di respingimenti alla frontiera tra Italia e Slovenia.
Pesanti nel 2020 inoltre le conseguenze dei cosiddetti Decreti sicurezza in Italia, aboliti a dicembre 2020, a partire dalla cancellazione della protezione umanitaria: il 36% dei pazienti dell’ambulatorio del Centro Astalli Palermo non era iscritta al Servizio sanitario, anche se in Italia da tempo. E poi ostacoli burocratici, uffici chiusi al pubblico per pandemia, rallentamento dell’attività delle commissioni territoriali e delle procedure di ricorso hanno escluso un numero crescente di migranti dall’accoglienza e dai servizi.
Il rapporto registra come, in una situazione generale difficile per tutti, le famiglie dei rifugiati hanno sofferto ancora di più per la pandemia: una carenza di sostegni si è abbattuta su madri sole, minori non accompagnati, vittime di tortura e abusi sessuali.
di Christian Elia