15 LUGLIO 2020
Si può nascere e persino sopravvivere nell’intensità del blu del Mediterraneo. La rotta maggiormente utilizzata da migranti e richiedenti asilo per raggiungere l’UE ci racconta, giorno dopo giorno, le sorti di coloro che, in quel viaggio devono crederci ancora, per sopravvivere alle discriminazioni patite.
Per molti sono viaggi senza futuro già in partenza, faticosi, pericolosi che iniziano via terra dall’Africa settentrionale e che prevedono quell’imprescindibile lunga sosta in Libia che incoraggia loro malgrado la rete ormai nota del traffico e della tratta di esseri umani.
Il 26 Giugno 2020, a ridosso di mesi e settimane che vedono i flussi migratori aumentare del 360%, con un incremento del 40% nel solo mese di Maggio, avviene qualcosa di straordinario e di diverso dai soliti “clichés di un naufragio” a cui siamo tristemente abituati ad assistere. Il miracolo della vita si compie in mezzo al mare, su un gommone nero, stracarico, con circa 95 persone a bordo di cui 20 donne ed 8 bambini. Fra loro, una giovane donna da alla luce il suo bambino nel bel mezzo del Mediterraneo Centrale. Per interminabili ore, esattamente dalle 12.22, in cui Watch the Med – Alarmphone ha ricevuto e diffuso l’SOS di un gommone nero a rischio di capovolgimento, sino alle 08.30 del giorno successivo in cui l’OIM ne conferma la cattura ed il respingimento in Libia (confermando, altresì, alle 22.00, il rientro di una delle motovedette della Guardia Costiera libica con a bordo 40 persone oltre a 6 corpi senza più vita), restano sospese le sorti di tutti i coinvolti, impotenti in un tempo indefinibile, fluido di indugi, di numeri variabili di vite umane e di speranze disattese. La paura per le sorti di quella creatura innocente, appena nata e già respinta come non desiderata dal mondo, provoca uno sconforto talmente profondo da paralizzare e mettere in secondo piano la felicità per la sua stessa nascita. In un sol giorno, oltre 300 persone in fuga, sono state catturate in mare dalla cosiddetta Guardia Costiera libica e riportate nel campo di prigionia illegale di Khoms a sud-est di Misurata da dove erano partiti nella notte di giovedì 25 giugno. Fra loro anche il prodigioso neonato e la sua coraggiosa e resistente mamma.
Nessun soccorso tempestivo è stato possibile. La Mare Jonio, la ONG natante di Mediterranea Saving Humans, ricevuto l’allarme ed il posizionamento, si dirige verso l’obiettivo ma è a 80 miglia di distanza, il che significa almeno 10 ore di navigazione. Vengono così diffuse le segnalazioni alle navi militari europee presenti, fra loro vi è anche la fregata anti-sommergibile della Marina Militare Italiana che, secondo le fonti di Avvenire, “avrebbe potuto raggiungere il barcone in meno di 3 ore dopo l’SOS lanciato dalla Guardia Costiera da Roma, ben prima della motovedetta libica. Ma l’ordine non è stato dato”.
Questa raccontata è la storia di un bimbo fortunatamente nato seppur nel bel mezzo di un naufragio, in angosciose circostanze, il cui destino dipenderà dal futuro che i Governi sapranno disegnare per chi come lui, è nato sulla riva sbagliata.
Non resta che tornare a noi stessi, attingere al nostro senso di giustizia ed a quell’Humana Pietas che lascerebbe riemergere in ognuno di noi la naturale e genuina capacità di immedesimarsi nell’altro senza più né giudizi, né paura ma, con disarmante gentilezza.
di Eleana Elefante