13 APRILE 2021
La denuncia del Network Porti Adriatici
“Il Network Porti Adriatici esprime preoccupazione per la politica dei respingimenti e delle riammissioni che prosegue nei porti adriatici senza alcuna valutazione delle situazioni individuali e delle cause di inespellibilità dei cittadini stranieri anche nei confronti di richiedenti asilo e minori non accompagnati, in violazione del diritto di asilo, del diritto dell’Unione Europea.”
Così recita il testo diffuso in questi giorni dal Network Porti Adriatici, una rete di associazioni operative nelle città adriatiche interessate dalla presenza di porti (Ambasciata dei diritti delle Marche, A.S.G.I., Lungo la Rotta Balcanica e S.O.S. Diritti di Venezia) e, in collaborazione con associazioni operanti nei Paesi della Rotta Balcanica e in Grecia, dal 2017 procede con un’azione di monitoraggio di quanto avviene nei porti e garantisce informazione e tutela legale a cittadini stranieri in arrivo in Italia dalla Grecia e da altri paesi della regione, come Albania, Croazia e Montenegro.
“Nel corso del 2020 e in questi primi mesi del 2021, il Network ha ricevuto moltissime segnalazioni da parte di richiedenti asilo, anche minori, cui veniva impedita la tutela e la protezione garantita dalla legislazione vigente, spesso senza la presenza di un mediatore e senza aver ricevuto alcuna informativa legale”, denuncia il network di associazioni. “Solo a seguito dell’intervento delle associazioni, è stato possibile contrastare le prassi illegittime e garantire l’accesso al territorio, alla richiesta di asilo e alla protezione. Le testimonianze raccolte riferiscono episodi di violenze e trattamenti degradanti, sia nei porti nella fase del rintraccio e dell’arrivo, sia durante il viaggio. Inoltre, i richiedenti asilo e minori respinti hanno raccontato di essere stati ‘affidati’ in custodia ai comandanti dei traghetti e delle navi e riaccompagnati al porto da cui erano partiti.”
Della diramazione adriatica della Rotta Balcanica si parla poco nei media, ma nei porti di Bari, di Ancona e di Venezia sono molti gli arrivi, via traghetto, o di persone nascoste nei camion, per finire ad alcuni casi di singole imbarcazioni. Negli anni Novanta, dopo il collasso del regime in Albania, era stata una rotta migratoria importante, oggi i numeri non sono paragonabili, ma restano preoccupanti le violazioni dei diritti di queste persone.
“Per quanto riguarda in particolare le riammissioni verso la Grecia, sulla base dell’Accordo di riammissione del 1999, destano tuttora particolare preoccupazione le condizioni dei cittadini stranieri, dei richiedenti asilo e dei minori soli. In particolare, si rilevano violazioni del quadro normativo europeo, con particolare riferimento agli ostacoli posti all’accesso alla richiesta di protezione internazionale e alle inadeguatezze del sistema di accoglienza del Paese che non garantisce gli standard previsti, neanche per i minori e i nuclei familiari – racconta il Network Porti Adriatici. Inoltre, la Grecia a sua volta continua a respingere in Turchia, Paese che si contraddistingue per la violazione sistematica dei diritti umani anche nei confronti dei propri cittadini ed in particolare della popolazione curda. La Turchia è il Paese con il più alto numero di giornalisti in carcere per aver espresso le proprie opinioni ed è anche il Paese che da qualche giorno, con un decreto firmato dal Presidente Erdogan, ha revocato la propria partecipazione alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul). Già nell’ottobre 2014 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) per aver respinto – tra gennaio 2008 e febbraio 2009- in modo indiscriminato alcuni cittadini stranieri provenienti dalla Grecia (caso Sharifi e altri contro Italia e Grecia) e intercettati dalla polizia di frontiera ai porti di Ancona, Bari e Venezia. La Corte EDU ha condannato l’Italia per violazione del divieto di espulsioni collettive, divieto di trattamenti inumani o degradanti e il diritto a un ricorso effettivo contro l’espulsione collettiva e l’esposizione a trattamenti inumani e degradanti. A seguito della sentenza è stata avviata una procedura di supervisione di fronte al Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa, finalizzata ad accertare le misure intraprese per evitare il ripetersi delle medesime violazioni.”
Un tema che, proprio mentre si tratta con il governo turco per il rinnovo dell’accordo sui migranti del 2016, dovrebbe essere al centro del dibattito pubblico, considerato che l’esternalizzazione delle frontiere – a fronte di un cospicuo finanziamento alla Turchia da parte dell’Ue – non solo non ha risolto il problema in questi anni, ma ha reso le istituzioni Ue complici di pratiche illegali.
Il comunicato del Network Porti Adriatici si conclude con osservazioni e raccomandazioni: “Rimarcando la necessità di interrompere le riammissioni verso la Grecia e i respingimenti verso Albania e Croazia, nonché di garantire il pieno rispetto del diritto d’asilo e tutti gli altri diritti e le garanzie fondamentali, ritiene necessario ed urgente:
- procedere nell’azione di costante monitoraggio sia a livello locale che nei Paesi interessati, anche in considerazione della probabilità dell’intensificarsi della rotta adriatica in conseguenza dell’allarmante situazione nei Paesi della Rotta Balcanica e dell’evoluzione del quadro europeo. Il Network Porti Adriatici pubblicherà un report con le risultanze delle nuove richieste di accesso ai dati dei respingimenti e delle riammissioni e le testimonianze raccolte;
- promuovere azioni di advocacy e giuridiche e segnalazioni alle istituzioni competenti, al Consiglio d’Europa e alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e proseguire con il monitoraggio della procedura di supervisione della sentenza Sharifi;
- implementare un lavoro di rete, con l’obiettivo di intervenire sulle attuali prassi di gestione degli arrivi e dell’identificazione nell’ottica della tutela dei diritti in frontiera e del contrasto di prassi illegittime.
di Christian Elia