Costanza
Romania 44.358 / 28.639“Decisamente ho visto nascere Snapshots From The Borders, dalla scrittura del progetto con il coordinatore Pietro Pinto e gli altri, fino alla presentazione dell’application. Fin dall’inizio ho voluto coinvolgere la municipalità di Costanza, perché ha un ruolo storico rispetto alle migrazioni nel nostro paese, e loro hanno accettato di essere parte di questo progetto fin dall’inizio”.
Così ricorda l’inizio di questo lungo cammino Iris Alexe, fondatrice e rappresentante dell’organizzazione non governativa Novapolis. “Siamo nati nel 2013 e abbiamo sede a Bucarest, ma occupandoci di migrazioni abbiamo sempre lavorato nella Romania sud-orientale e nella regione della Dobrugia, al confine con la Bulgaria. Anche per questo ho lavorato spesso con la municipalità di Costanza ed era importante che fossero in un progetto che lavora su migranti e confini”.
Iris ha una grande esperienza, avendo lavorato in passato per l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) e per la Soros Foundation, oltre a svolgere il ruolo di consulente per molti progetti. Il suo è quindi un punto di vista importante per valutare Snapshots e il lavoro svolto in questi anni.
“Rispetto ad altri territori coinvolti nel progetto, e rispetto ad altre zone d’Europa, il confine sud-orientale della Romania è davvero un mondo a parte. Mentre altrove la solidarietà, l’accoglienza e la memoria – che sono i pilastri di Snapshots – sono in difficoltà, in questo territorio sono molto forti e sono principi condivisi”, spiega Iris. “Da sempre qui convivono tante minoranze, lingue e culture, differenti: la storia stessa di questa regione è legata alle migrazioni. Pensate soltanto agli scambi di popolazione tra Romania e Bulgaria avvenuti durante e dopo i conflitti del ‘900: anche se non venivano chiamati ‘rifugiati’, era la stessa storia. Pensate al calciatore famoso Georghe Hagi, famoso in tutto il mondo, simbolo della Romania, ha un passato familiare che oggi chiameremmo da rifugiato. Loro davvero hanno memoria di queste esperienze personali e di come si possono sentire queste persone. Inoltre c’è la comunità turca, quella greca, minoranze storiche nella regione. I nuovi migranti, in fondo, trovano un contesto storico condiviso di migrazioni”, racconta Iris. “E Costanza, in particolare, ha sinagoghe, chiese cattoliche e ortodosse e moschee in poche centinaia di metri, è un pilastro dell’identità della città, e la popolazione è fiera di questa interculturalità. Questo genera un approccio molto umano all’accoglienza. Riconoscendo i migranti come individui, con una storia, e non come una moltitudine senza volto e senza storia”.
“All’inizio non volevo avere grandi aspettative, ma ora posso dire di essere davvero soddisfatta di come è andata”, risponde Iris. “Anzi, posso dire che qualcosa di straordinario è accaduto. Soddisfatta come rappresentante di un’organizzazione che è stata parte di questo processo, ma anche come cittadina di questa Europa che ha realtà che si mettono in rete per lavorare meglio e condividere buone pratiche. E anche il lavoro di ricerca che è stato fatto, sui singoli territori, è stato eccellente. Amministrazioni locali, realtà della società civile e comunità, in maniera partecipata, sono state coinvolte in un cammino virtuoso e Costanza, per altro, è l’unica realtà che accoglie dal mare, e ha potuto condividere questa esperienza con altre realtà più impegnate in questo senso in altre zone d’Europa”.
“Difficile scegliere un unico momento, ma di sicuro la visita dal Papa a Roma e al Parlamento europeo sono stati indimenticabili”, racconta Iris, “perché occasioni così importanti per presentare le realtà dei territori locali, ma allo stesso tempo i problemi e le visioni condivise, è stata una grande opportunità, sia per le amministrazioni locali che per le organizzazioni della società civile. Inoltre il coinvolgimento delle comunità locali, non solo online, ma anche in eventi dal vivo, ha dato l’opportunità di incontrarsi, parlarsi, confrontarsi con i territori. Persone giovani e anziane hanno partecipato assieme, confrontandosi, agli eventi, parlando con attenzione e voglia di capire meglio, anche parlando con i migranti, della loro cucina e dei loro programmi televisivi preferiti, un modo umano di conoscersi”.
In qualche modo, secondo Iris, “questo progetto deve indicare un modo di approcciare il dibattito sulle migrazioni, per cambiare anche il linguaggio, e portare ai decisori politici la voce delle periferie che meglio di tutti conoscono la vita di confine”.